domenica 13 novembre 2011

15 ottobre - Un mese dopo

Di chi è la colpa?
Domenica 16 ottobre, ore 9:00. Squilla il telefono. Ancora mezzo addormentata, rispondo; e, dall'altra parte, mia madre. "Ho visto le immagini della manifestazione di ieri al tg, ho saputo che è andato tutto in malora, che hanno fatto casino, distrutto tutto, che la manifestazione non è servita a niente, tutto il movimento degli indignados è finito, in Italia queste cose non si possono fare, perché non siamo un paese civile....". Eccetera, eccetera. Tutte quelle frasi che si sentono in giro da un mese a questa parte.
Comincio a raccontarle come è andata: io ho avuto la fortuna di arrivare tardi alla manifestazione, e partecipare quindi solo a quella parte di corteo che è stata deviata, e che quindi non è rimasta incastrata in una violenta guerriglia, ma ha continuato a marciare, pacificamente, per una strada diversa da quella precedente. Quella parte di corteo di cui i giornali non hanno parlato: gli altri 199.000.

Le racconto delgi slogan, dei conducenti della fila di macchine che sono rimaste bloccate al nostro passaggio, e che invece di suonare, come mi aspettavo, si sbracciavano, ci applaudivano, scendeva dalle auto per salutarci; le racconto degli abitanti di via Cilicia, di via Acaia, di via della Magna Grecia, che si sporgevano dai balconi per applaudirci; le racconto di quando, con un megafono, abbiamo chiesto di fotografarci, di filmarci, perché ci fosse almeno una documentazione della nostra marcia pacifica, e di come molti di loro siano corsi dentro a prendere fotocamere, smart phone, e di quando abbiamo urlato "Scendete in strada con noi, perché con noi, qui per strada, è sicuro. E' lì dento, davanti alla televisione, che non è più sicuro!", e alcuni di loro aono scesi, in strada, a marciare con noi.

E mia madre risponde "No, ti sbagli, alla televisione hanno detto che è andato tutto in malora, che il movimento è finito, a me, guarda, mi dispiace solo perché non si può mai cambiare niente in questo paese...". Eccetera, eccetera. Mamma, te lo giuro. Io c'ero. Mamma, tu l'hai fatto il '68, lo sai quali sono i mezzi del governo. Non c'è niente da fare. Televisione-figlia: 1-0.

Quanti di voi hanno sentito parlare degli altri 199.000? Quanti di voi, tra quelli che non hanno avuto la fortuna di esserci, hanno avuto la sensazione di un grande movimento da parte del popolo che vuole rinnovare questo paese? Quanti di voi pensano ancora che sia stata un'occasione mancata?

A distanza di un mese, in televisione, sui giornali, persino su facebook, si è parlato solo di quei 1000 che si sono ritrovati nel caos più totale di San Giovanni, tra Black Block, poliziotti, fumogeni, sanpietrini, rabbia, paura, riuniamoci, spargiamoci; quel genere di situazione in cui, quando ci si trova, la reazione è sempre istintuale: fuggi o combatti. E a volte la scelta, purtroppo, nel caos più totale, è assolutamente casuale.
Si è parlato di misure da prendere, sicurezza dei cittadini, condanne morali e penali.
L'unica cosa di cui non si è parlato, se non in vaghi accenni, è del resto della manifestazione: 199.000 persone che sono rimaste inascoltate. Potere dei mezzi di comunicazione?  "Com'è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate un colpevole.. non c'è che da guardarsi allo specchio."

Quanto è più facile dirsi "Visto? Non serve a niente!", piuttosto che scendere per strada a far sentire la propria voce?
Quanto è più facile dire "Tanto sono tutti ladri...", piuttosto che informarsi per fare scelte politiche ragionate?
Quanto è più facile dire "Io non ci voglio rimettere!", piuttosto che pensare alla collettività?

A distanza di un mese, il Presidente del Consiglio si è dimesso, si forma un governo tecnico; non festeggiate, pensate.  Questo è il momento di far sentire le nostre parole. "Perché, mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità."
Questo è il momento di decidere quanto vogliamo impegnarci nel farci sentire, quanto vogliamo svegliarci dal torpore e rimboccarci le maniche, quato vogliamo abbandonare la comodità del non-pensare per  "ricordare al mondo che l'equità, la giustizia, la libertà sono più che parole: sono prospettive".

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